Lughezzano: Chiesa parrocchiale e Santuario
La chiesa, dedicata a San Bernardo di Chiaravalle, è la chiesa di Lughezzano e il Santuario della Lessinia.
La caparbia e il sacrificio delle famiglie di Lughezzano hanno contribuito a erigere il sacro tempio. E’ il 1616 quando gli uomini di Lughezzano, dopo mesi di fatiche e di duro lavoro, riescono a innalzare la loro prima chiesa. Quelli dell’inizio del Seicento sono anni di apparente prosperità. Molte terre sono state sottratte al bosco, nei punti più esposti al sole sono stati ricavati i campi nei quali sono seminati i cereali e piantati gli alberi da frutto, altrove si sfalcia il fieno che permette l’allevamento o si pratica una proficua boschicoltura. Nella bassa zona collinare di Chiesanuova sono ormai formati alcuni nuclei contradali, che prendono nome dalla prima famiglia che in quel luogo si è impiantata (Cristofoli, dal nome “Cristoforo” del vecchio che ha dato origine al gruppo famigliare, Zanini da “Giovanni”) o dal mestiere della famiglia (Pistori da quelli bravi a fare il pane, Ferrari, da quelli che lavorano il ferro), o dalla collocazione geografica (Ca’ di sotto). Un po’ più in alto si sono formati i Merzi, gli unici che hanno origini cimbre poiché la famiglia Merzi si è spostata dalla contrada Squaranto di Roverè, mentre tutti gli altri hanno legami più consistenti con la media Valpantena, con Lugo, con Corrubio, Orsara, Azzago.
A Chiesanuova c’è la chiesa parrocchiale, alla quale fanno riferimento non solo le famiglie di Lughezzano, ma tutte quelle sparse in 58 contrade e in 227 case: 1036 persone adulte, all’incirca 1600, se contiamo anche i bambini. Per dare un’idea dello sviluppo demografico della zona, si può prendere come riferimento la Piazza di Chiesanuova: se nel XIV secolo vi abitava poco più di una decina di persone, queste erano 25 nel 1528 e 56 nel 1612. Il parroco di Chiesanuova, don Cristiano Carpine, era un prete dinamico: originario di Badia Calavena, si era adoperato perché nel suo ministero fosse aiutato da un curato, don Leonardo Gandini, nativo di Roverè, nipote del parroco di Cerro, e negli anni 1609-1610 aveva provveduto a ingrandire la chiesa parrocchiale perché potesse accogliere tutte le persone della sua vasta parrocchia. Sempre agli inizi del Seicento aveva concesso anche a quelli di Lughezzano di costruirsi la loro piccola chiesa, perché in quegli anni la popolazione di Lughezzano e Merzi raggiungeva le 150 unità. Gli uomini di queste contrade, abili nel lavorare la pietra e il legno, dopo il duro lavoro dei campi si erano impegnati a costruire il tempio di Dio nella loro contrada, nel quale don Leonardo Gandini celebrava la Messa alla domenica e in alcune feste di voto e di devozione.
La terribile peste del 1630 sconvolge l’operosa comunità locale: tutte le famiglie sono decimate, tanto che dietro alla chiesetta si assiepano le tombe di quanti sono stati colpiti dal morbo; le pratiche agricole e l’attività commerciale sono limitate. Eppure da quella gravissima crisi la contrada sa risorgere: la fede, messa a dura prova da quella catastrofe, ne esce rafforzata. Alcuni, poco prima di morire, hanno dettato un testamento nel quale impongono ai loro eredi di rendere più accogliente e più ornata la chiesa di San Bernardo di Lughezzano. Quelli scampati alla bufera raccolgono l’invito dei padri e nell’arco di pochi decenni costruiscono una nuova chiesa e ottengono dal Vescovo l’istituzione della parrocchia, autonoma da quella della Chiesanuova. Il 10 febbraio 1721 il vescovo Marco Gradenigo emette la sentenza per la quale il semplice oratorio di Lughezzano diventa chiesa parrocchiale. Protagonisti di questo epico risultato sono state le famiglie delle contrade di Ca’ di sotto, Ferrari, Zanini, Cristofori, Pistori e Merzi che hanno messo a disposizione giornate di lavoro e molti soldi per costruire un sacro edificio di pregevole fattura. Merito anche di alcuni sacerdoti di Lughezzano che guidarono la comunità in questa impresa. E poiché la vita di Lughezzano dal punto di vista demografico è stata segnata dalla continuità fino ai nostri giorni, i protagonisti di quella rinascita sono gli antenati dei fedeli che ancora oggi frequentano la chiesa locale. Basta citare un solo documento: il 6 settembre 1720 don Domenico Zampieri, di una importante famiglia della contrada Zanini, aveva chiamato il notaio Antonio Salaorno di Velo e aveva voluto che scrivesse l’atto di donazione alla sua chiesa di 380 ducati (tutte le case e i campi che aveva ai Segai). Lo stesso giorno i capifamiglia di Lughezzano si impegnarono a donare alla loro chiesa altri 380 ducati: ciascuno versava una somma di denaro fissata in base al reddito personale. ...........
...... Ma la popolazione, segnata dal dramma della peste del 1630 e dalle tante tribolazioni della vita quotidiana, volle che la chiesa di Lughezzano fosse dedicata anche alla Madonna Addolorata. Attuando la volontà di due benefattori, Giovanni Zampieri e Giovanni Cristofali, don Domenico Zampieri fece costruire nel 1712 l’altare dedicato alla Madonna dei sette dolori, alla quale nel corso dei secoli accorsero migliaia di fedeli provenienti da tutta la Lessinia.
Già nel 1735, in occasione della visita pastorale, il canonico che scrive il verbale annota: “ Ad hoc altare plurima pendent dona dictae Beatae Virgini dicata” ( alle pareti di questo altare sono appesi moltissimi doni di ringraziamento alla Beata Vergine). Alla Compagnia della Madonna Addolorata di Lughezzano sono iscritte persone di tutti i ceti e di tutti i paesi della Lessinia centro-occidentale. Singole persone e intere comunità, pellegrinaggi individuali e di gruppo si rivolgono alla Madonna di Lughezzano per chiedere aiuto nei momenti difficili della vita. Nell’agosto del 1849, quando la Lessinia è sconvolta dal colera, accorrono le famiglie delle contrade dei Prati, del Calcaro, della Costa, del Dosso, di Corbiolo, dei Girlandi “per ottener la liberazione del colera”. Sono spesso gli stessi parroci che guidano il pellegrinaggio. Agli inizi del Novecento, dal registro tenuto da don Gaetano Trettene apprendiamo che il 12 settembre 1904 al pellegrinaggio che proviene da Chiesanuova col parroco don Emilio Zorzi partecipano circa mille persone; il 13 settembre arriva la comunità di Valdiporro col parroco don Giobatta Lughezzani; il 19 settembre 700 persone di Erbezzo; il 9 ottobre tutta la gente di Lugo; il 29 novembre le parrocchie di Cerro e di Azzago.
La festa dell’Addolorata divenne manifestazione di pietà e occasione di incontro comunitario di tanta gente della montagna veronese. Don Gaetano Trettene nel 1907 scrive: “Domenica di Passione 17 marzo 1907 sagra dell’Addolorata. Fu preceduta dalle sante missioni, 7 giorni di predicazione dall’11 al 17 marzo, 2 prediche al giorno (…). Tempo un po’ ventoso, ma bello con sole. Vi fu intervento numerosissimo di popolo alle prediche, alla sagra e processione. Fu fatta la comunione generale alla domenica e furono dispensati a quelli che si accostarono alla Comunione circa 500 ricordi delle missioni, scritti sopra un santo della Madonna. Intervennero di aiuto alle confessioni don Rossi Serafino, parroco di Erbezzo, don Umberto Cappelletti di Chiesanuova, don Cesare Piazzola di Corrubio di Negarine, don Giuseppe Aldrighetti di Lugo, don Silvio Padovani di Cerro e don Giovanni Tagliapietra curato di Cerro, e il curato locale don Celso Spadina”.
Da ricordare in modo particolare la devozione alla Madonna delle donne e delle madri di Lughezzano che alla fine della prima guerra mondiale, il 25 maggio 1919, offrirono “per loro voto fatto durante la tragica guerra una corona d’argento massiccio dorato” che il cardinale Bartolomeo Bacilieri volle personalmente porre sul capo della Madonna venerata nella chiesa locale.
(Dalle ricerche storiche del prof. Bruno Avesani)
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